Maurizio Trezzi

Founder di StrategyCom, docente ed esperto di comunicazione

Premessa

Il mondo del golf, in Italia e nel mondo, sta vivendo un periodo di grandi trasformazioni. L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Covid-19 se da un lato, dopo i mesi di chiusura forzata dei circoli non ha placato la voglia di golf dei giocatori italiani, da marzo in poi ha azzerato la presenza di turisti stranieri. Ciò ha pesantemente inciso sul numero di rounds giocati in particolare nelle zone a maggior vocazione turistica per provenienze da Svizzera e Germania come il lago di Garda, il lago di Como ed il lago Maggiore.

Oggi come non mai è quindi necessario attivare una serie di iniziative e politiche – nel senso anglosassone del termine policy – che possano far aumentare la base di golfisti italiani pressoché invariati, anzi negli ultimi anni leggermente diminuita.

Ciò dovrebbe essere aiutato dalla crescita d’interesse registrata per il golf nel mondo. Un aumento testimoniato dai dati di sviluppo del turismo golfistico (presentati ogni anno a IGTM) e in Italia grazie agli ottimi risultati ottenuti dai golfisti italiani di vertice ed all’esposizione sui social e mediatica del golf, oggi sui canali televisivi OTT come Golf TV ed Eurosport, che ne aumenta il livello di visibilità rispetto a un pubblico più eterogeneo.

L’appuntamento con la Ryder Cup, spostato al 2023, è un ulteriore fattore di interesse. Tutto ciò determina uno scenario propizio per tentare una definitiva affermazione del golf come sport “di massa”. Per farlo, nel millennio della interconnessione globale, della multimedialità e delle smart cities, risulta decisivo il ruolo della comunicazione. Da un’analisi, anche solo superficiale, appare che solo in pochi casi ciò sia stato compreso e che la comunicazione non sia sfruttata come arma strategica ma come un semplice accessorio.

Il quadro di riferimento

Il numero dei tesserati alla Federazione Italiana Golf è sostanzialmente stabile da alcuni anni, come ha ben evidenziato anche Maurizio de Vito Piscicelli in un recente articolo apparso su Golf Business Italy (golf e regioni 20 anni di numeri in chiaroscuro), fluttuando attorno quota 90.000 giocatori. Le modalità con cui sono regolamentati l’accesso ai circoli e la pratica del golf, per cui solo i tesserati – liberi e non – possono accedere ai campi affiliati alla FIG, indica che questo è il numero di giocatori di golf in Italia, diversamente da altre discipline come il tennis, dove i tesserati sono infinitamente meno dei praticanti.

Un numero stimato certamente per eccesso, visto che molti tesserati “storici” sono più spesso frequentatori dei tavoli verdi della Club House piuttosto che dei green e dei fairways. Il potenziale del golf è però di molto superiore (almeno il doppio) rispetto a questa fotografia

Il potenziale del golf

La ricerca DigitalTRENDS, condotta qualche anno fa dalla società milanese ErgoResearch, indica come le persone (>15 anni) che seguono il golf in TV (dati 2014) sono circa 150.000 mentre oltre 260.000 sono gli italiani che non lo seguono ma si dicono interessati ad un potenziamento dell’offerta. Questo crea un bacino di utenza potenziale (attuale+interessata)formato complessivamente da oltre 400.000 soggetti dei quali il 90% sono uomini ed il 29% ha meno di 35 anni.

Sempre osservando il bacino di utenza, l’11% del totale sono liberi professionisti e dirigenti, il 31% sono impiegati, il 62% sono laureati a conferma del livello medio-alto – dato non esclusivo – del target golfistico.

Dal punto di vista geografico la zona italiana più interessata ad uno sviluppo del golf è il Nord-Est.

Da questi dati sono esclusi i giovani under 15 che rappresentano un altro grande target di riferimento, primario, della crescita e dello sviluppo di uno sport.

L’identità perduta

I numeri presentati dimostrano come il bacino potenziale dal quale attingere nuovi golfisti è grandissimo. Basterebbe riuscire a coinvolgerne la metà per raddoppiare il numero dei praticanti e dei tesserati. In molti si sono chiesti come fare ed hanno proposto ricette di varia natura.

Certamente tutte le azioni in tal senso non possono prescindere da una efficace attività di comunicazione. Spesso evocata, o come panacea di tutti i mali o come grande assente nelle analisi svolte ex post, la comunicazione è un’attività decisiva per il raggiungimento degli obiettivi di qualsiasi organizzazione.

Nell’ambito golfistico troppo spesso la comunicazione resta confinata ad un ruolo marginale, accessorio. I progetti comunicativi realizzati rimangono circoscritti nel piccolo intorno, dell’attuale “tribù” dei golfisti, che vivono in una riserva molto distanti da un mondo dove le logiche della brand awareness del digital marketing, dello stakeholder engagement, dello storytelling, sono pane quotidiano di chi si occupa di far crescere business e valore.

Paradossalmente si potrebbe affermare che concetti e strumenti che gran parte dei professionisti e dei manager golfisti utilizzano con disinvoltura dal lunedì al venerdì nella loro attività professionale, vengono, dagli stessi, lasciati nel baule dell’auto nel fine settimana quando entrano nel loro circolo, dove vengono applicate logiche che con una efficace gestione aziendale non hanno nulla a che vedere.

By Maurizio Trezzi

Giornalista, commentatore sportivo, esperto e docente di comunicazione. Commentatore su GOLFTV, scrive di food e mixology per varie testate, Ha fondato l'agenzia di comunicazione Strategycom e insegna comunicazione pubblica e comunicazione dello sport all'Università Iulm di Milano.

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