una buona notizia per il settore e per il golf italiano?
Lo chiedevano e lo volevano tutti da tanti anni e grazie all’arrivo di Mario Draghi anche l’Italia avrà un Ministero del Turismo, finalmente con il portafoglio, affidato al leghista Massimo Garavaglia.
Il settore del turismo è stato uno dei più penalizzati da questo anno di pandemia e soltanto in Italia nel 2020 abbiamo rilevato 237 milioni di presenze turistiche in meno rispetto all’anno precedente. Un settore che rappresentava, prima della crisi Covid, il 13% del PIL italiano ed era uno dei segmenti economici più attivi con un fatturato annuo vicino ai 200 miliardi, un contributo alla bilancia commerciale di circa 45 miliardi e con il 15 per cento della forza lavoro totale del Paese impiegata.
Ma basterà il Ministero del Turismo a risollevare il settore del turismo italiano e a rilanciarlo nel mondo? Il nuovo Ministero avrà le competenze e le risorse necessarie per supportare l’offerta turistica italiana? Per il turismo golfistico italiano è una buona notizia o non cambierà nulla?
Un po’ di storia
Per rispondere a queste domande occorre fare un passo indietro e capire come sono organizzate le politiche turistiche della nostra nazione, purtroppo molto differenti da quelle dei paesi nostri concorrenti.
Nel lontano 2001 la riforma costituzionale del Titolo V rese il turismo una materia di competenza esclusiva delle Regioni che di conseguenza non furono più soggette ai limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali. Tradotto in parole più semplici, ogni Regione ha iniziato ad operare in maniera difforme, senza nessun coordinamento e spesso in competizione con le altre Regioni, impedendo di fatto che la nostra nazione potesse pianificare e programmare delle serie politiche di promozione a livello nazionale come succede nei paesi più importanti a livello turistico.
In occasione del referendum del 4 dicembre 2016 la riforma Renzi – Boschi, in caso di vittoria del sì, avrebbe riportato il turismo alla competenza esclusiva dello Stato ma, come sappiamo bene, la vittoria del no ha lasciato le cose come si trovavano.
Il Ministero del Turismo ha invece una lunga storia, venne istituito dal Governo Segni con la legge 617/1959 (il primo ministro fu Umberto Tupini) ed in seguito soppresso nel 1993 con il referendum promosso dal Partito Radicale. Dal 1993 al 2013, per circa per vent’anni quindi, le sue funzioni vennero affidate ai Dipartimenti del Turismo e dello Spettacolo nell’ambito della Presidenza del Consiglio.
A partire dal 2013 il turismo continuò le sue pellegrinazioni finendo sotto il MIBACT, il Ministero per i Beni, Attività Culturali e Turismo, salvo in occasione della breve parentesi del Governo Conte 1 quando il turismo venne inserito all’interno delle competenze del Ministero delle Politiche Agricole alimentari e forestali.
Negli ultimi 15 anni la materia del turismo è stata trattata, senza alcun successo, da una lunga serie di Ministri quali: Francesco Rutelli, Michela Vittoria Brambilla, Piero Gnudi, Massimo Bray, Dario Franceschini, Gian Marco Centinaio fino ad arrivare ora a Massimo Garavaglia.
La grande novità del governo Draghi
L’istituzione del Ministero del Turismo con portafoglio rappresenta dunque una grande novità ma ci sono tanti punti interrogativi da risolvere prima di gioire o ritenere che i problemi di chi opera in questo settore troveranno finalmente una soluzione.
Uno dei primi quesiti è legato all’atteggiamento delle Regioni italiane verso il nuovo Ministero. Vorranno le Regioni italiane rinunciare alla propria autonomia ed indipendenza territoriale per far confluire le proprie risorse, le progettazioni locali e le iniziative promozionali all’interno del nuovo “contenitore” nazionale?
Conoscendo bene l’atteggiamento degli Enti locali sul tema del turismo, sappiamo che c’è una doppia consapevolezza contrastante, da un lato sanno benissimo che, principalmente sui mercati extra europei, non ha senso proporre piccole destinazioni regionali a dei turisti che a malapena riescono ad identificare la posizione dell’Italia su una cartina geografica., dall’altro però sono molto scettici e prevenuti su un’unica regia promozionale a livello nazionale dopo le pessime esperienze dell’ultimo ventennio dei vari “carrozzoni” che si sono occupati di turismo.
I punti interrogativi
Un altro grande interrogativo è legato alla struttura del nuovo Ministero del Turismo all’interno del quale i dipendenti sono attualmente pochissimi con una scarsa specializzazione settoriale e comunque poco motivati a causa dei vari spostamenti operati negli ultimi anni da un ministero all’altro.
Sarà in grado il neoministro Massimo Garavaglia di mettere insieme una squadra efficace, veloce e competente che è quello di cui avrebbe bisogno il nostro turismo? La nuova composizione del Ministero del Turismo sarà in grado di ottenere la fiducia e la collaborazione delle Regioni?
Infine, l’ultimo interrogativo è legato alle risorse che verranno messe a disposizione del nuovo Ministero del Turismo. Per un settore che rappresenta il 13% del PIL italiano i soldi attualmente disponibili sono assolutamente insufficienti, circa 70 milioni di euro all’anno da dividere con l’Enit, la nostra Agenzia Nazionale del Turismo.
Il ruolo di ENIT
Negli ultimi decenni l’Enit ha subito tutta una serie di avvicendamenti nei ruoli dirigenziali che ha certamente ostacolato la necessaria programmazione turistica confermando la diffidenza delle singole Regioni verso un piano di promozione nazionale alternativo alle proprie politiche regionali. Attualmente tutti gli investimenti turistici transitano dal Ministero dello Sviluppo Economico che sembra in una posizione migliore per approfittare dell’arrivo degli ingenti fondi in arrivo dal Recovery Fund.
A fronte di tanti interrogativi ancora sul tavolo non ci resta che affidarci all’esperienza di Mario Draghi che nei suoi recenti discorsi al Senato e alla Camera ha dichiarato:
“Anche nel nostro Paese alcuni modelli di crescita dovranno cambiare. Ad esempio, il modello di turismo, un’attività che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato”.
E ancora: “Sul turismo ho accennato al fatto che alcune imprese potranno non riaprire dopo la pandemia. Ma una che certamente riaprirà è proprio il turismo: quindi investire nel turismo e sostenerlo non significa buttare via i soldi, perché quei soldi tornano indietro. Per un Paese ad alta vocazione turistica come il nostro si tratta di una questione ovviamente essenziale. Quindi vanno introdotte misure che permettono alle imprese del turismo di non fallire ed ai lavoratori di tutelare i livelli di reddito. Ovviamente l’uscita dalla pandemia è la migliore forma di sostegno ma bisogna impedire che in questo periodo queste imprese falliscano perché poi si perde un capitale che è essenzialmente umano”.
Si aprono nuovi scenari per il turismo del golf?
Con tante incognite ancora presenti sul futuro del nuovo Ministero del Turismo sarebbe da illusi pensare che il turismo golfistico italiano possa ricevere impulso, attenzione e finanziamenti in tempi brevi. Sicuramente però potrà trarne beneficio il Comitato Organizzatore della Ryder Cup del 2023 che nei prossimi mesi avrà un nuovo interlocutore dotato di nuove risorse con cui condividere i vari aspetti organizzativi dell’evento.
Potrebbero avere dei benefici dal nuovo Ministero del Turismo anche le Regioni italiane che attualmente partecipano al progetto Italy Golf & More, al momento l’unico progetto nazionale di promozione del turismo golfistico esistente. Questo progetto che gode già della attiva partecipazione di Enit, grazie all’atteggiamento positivo del presidente Giorgio Palmucci e della direttrice marketing Maria Elena Rossi, potrebbe trovare nuove risorse ed un orizzonte di vita più lungo e convincente qualora venisse inserito all’interno della programmazione e dei nuovi progetti tematici del nuovo Ministero.
E chissà mai che il “golfista” Mario Draghi non riesca a convincere il neoministro Garavaglia ad inserire all’interno delle varie pianificazioni future una specifica voce di finanziamento a favore del turismo golfistico che, ricordiamo, produce un fatturato mondiale di circa 40 miliardi di dollari ovviamente prima della pandemia?
Sappiamo bene che prevedere finanziamenti a favore del golf è politicamente e mediaticamente molto rischioso e quasi sempre contro produttivo ma confidando nella esperienza e nella visione internazionale di Mario Draghi qualcosa potrebbe cambiare, sperare non costa nulla!